L’azienda che occupa già 15 dipendenti, da gennaio 2018 ha l’obbligo di assumere un lavoratore disabile – qualora ovviamente ci sia scopertura – entro e non oltre 60 giorni. Termina infatti il 31 dicembre 2017, il regime transitorio che prevede la possibilità di adeguarsi agli obblighi previsti dalla legge 68/99 entro 1 anno e 60 giorni dopo l’assunzione del sedicesimo dipendente. In buona sostanza dunque, l’azienda che all’1.1.2018 si trova con almeno 15 dipendenti in forza e non ha assolto gli obblighi di assunzione connessi alla legge citata, avrà tempo fino al 1° marzo 2018 per procedere all’assunzione del lavoratore disabile. Identica prassi sarà seguita anche in corso d’anno, da parte delle aziende che raggiungeranno la soglia dei 15 dipendenti; l’assunzione del lavoratore disabile dovrà dunque avvenire entro il 60° giorno dall’assunzione del quindicesimo dipendente, computando l’organico aziendale a questi fini, con le regole dettate dalla legge in materia di collocamento mirato più volte citata.
SCADENZA INVIO TELEMATICO DI 770 E CU “ESENTI”, PROBABILMENTE A REGIME AL 31 OTTOBRE
La Commissione Bilancio ha dato parere positivo agli emendamenti proposti alla manovra 2018. Pare dunque in dirittura d’arrivo, lo spostamento a regime dei termini per effettuare l’invio telematico della dichiarazione annuale del sostituto di imposta modello 770 e della Certificazione Unica. La scadenza verrà infatti spostata al 31 ottobre di ogni anno. Per quanto riguarda la CU, è opportuno precisare che slitteranno ad ottobre solo le CU di redditi esenti o comunque di redditi non destinati alla precompilata.
ARCHITETTO DIPENDENTE PUBBLICO E LAVORATORE AUTONOMO IN GESTIONE SEPARATA INPS
La sentenza della Corte di Cassazione 30345/2017 ha confermato che l’architetto che svolge contemporaneamente attività libero professionale e lavoro dipendente presso la Pubblica Amministrazione, è soggetto a Gestione Separata INPS, indipendentemente dal versamento del contributo integrativo a Inarcassa.
L’iscrizione alla Gestione Separata INPS è infatti obbligatoria per i soggetti che svolgono in via continuativa anche se non esclusiva, un’attività di lavoro autonomo sprovvista di Cassa previdenziale ovvero con Cassa che non obbliga al versamento di contributi utili ai fini pensionistici. Inarcassa prevede che l’architetto lavoratore dipendente non sia iscrivibile, ma sia comunque tenuto a versare il contributo integrativo, calcolato in percentuale sul compenso. E’ proprio dalla valutazione di questa posizione, cioè dalla mancata iscrizione alla Cassa di previdenza, che la Cassazione ha stabilito l’obbligo di versare in Gestione Separata INPS, al fine di creare una posizione previdenziale in capo all’architetto sulla parte di attività legata al lavoro autonomo.
TFR E CREDITI DI LAVORO: IL COEFFICIENTE DI RIVALUTAZIONE DI NOVEMBRE 2017
L’ISTAT ha reso noto l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) al netto dei tabacchi per il mese di novembre 2017.
Tale indice, che viene utilizzato anche ai fini della determinazione della rivalutazione dei crediti di lavoro, è risultato pari a 100,8.
Il coefficiente di novembre 2017, che risulta quindi essere pari a 1,748878, deve essere utilizzato per rivalutare il TFR accantonato al 31 dicembre 2016 da parte dei lavoratori che cessano il proprio rapporto di lavoro nel periodo 15 novembre 2017 14 dicembre 2017.
Perché la rivalutazione
Il trattamento di fine rapporto costituisce come noto – una quota di retribuzione che il lavoratore matura annualmente, ma percepisce, generalmente, una sola volta nella vita lavorativa e precisamente alla cessazione del rapporto di lavoro (fatti salvi i casi di erogazione di anticipazione del TFR).
Lo sfasamento temporale tra il momento della maturazione e quello dell’effettiva percezione della somma fa sorgere l’obbligo in capo al debitore (il datore di lavoro ovvero, eventualmente, il Fondo di Tesoreria in caso di aziende con almeno 50 addetti) di riconoscere un importo aggiuntivo a titolo di rivalutazione.
L’importo di tale rivalutazione viene determinata utilizzando un coefficiente per la cui determinazione deve farsi riferimento all’articolo 2120 del Codice Civile.
L’articolo 2120 del Codice Civile
L’importo della rivalutazione del TFR viene determinato applicando, al TFR accantonato al 31 dicembre dell’anno precedente, un coefficiente per la cui determinazione deve farsi riferimento a quanto previsto dall’articolo 2120 del Codice Civile.
Tale norma prevede:
Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.
Si precisa che:
la rivalutazione interessa esclusivamente il trattamento di fine rapporto accantonato al 31 dicembre dell’anno precedente; nessuna rivalutazione deve essere riconosciuta sulle quote di TFR maturate nell’anno corrente;
la rivalutazione spetta anche sulle quote versate al Fondo di Tesoreria gestito dall’INPS in caso di aziende con più di 50 addetti e di lavoratori che hanno optato per il mantenimento del TFR secondo il regime di cui allarticolo 2120 del Codice Civile;
nessuna rivalutazione deve essere effettuata sulle quote di TFR destinate alla previdenza complementare.
TASSAZIONE SEPARATA DEGLI ARRETRATI: I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA
Con risoluzione n. 151 del 13 dicembre 2017 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito alcuni aspetti legati all’applicazione della tassazione separata prevista dall’art. 17, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR). E’ opportuno ricordare che per emolumenti arretrati si intendono tutte quelle somme che, per effetto di leggi, contratti, sentenze, promozioni, cambiamenti di qualifica o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, sono maturate in periodi di imposta precedenti rispetto a quello in cui vengono percepite.
Si tratta dunque di somme percepite in anni diversi dalla maturazione per effetto
– di norme legislative, di sentenze o di provvedimenti amministrativi, casi questi nei quali è certamente non sussistente l’ipotesi che ci sia un accordo tra le parti per operare un rinvio del tutto strumentale nel pagamento delle somme spettanti, ovvero
– di oggettive situazioni di fatto, che impediscono il pagamento delle somme entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti di imposta.
In quest’ultima fattiscpecie, precisa l’Agenzia delle Entrate nella risoluzione in argomento, va valutata la motivazione del ritardo. Se lo stesso è fisiologico, le somme sono da assoggettare a tassazione ordinaria.
BANCHE COOPERATIVE E COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO: I CHIARIMENTI DELL’ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO
Con Nota 10701 dello scorso 7 dicembre, l’Ispettorato nazionale del Lavoro ha chiarito che le norme in materia di computo delle quote di riserva da assegnare a soggetti disabili previste dall’articolo 4 comma 1 della legge 68/1999, non sono applicabili alle banche cooperative.
In particolare, nella nota in argomento viene chiarito che sono da considerarsi esclusi dal computo della base di calcolo su cui applicare le percentuali della riserva, i “soci di cooperative di produzione e lavoro”; con nota del Ministero del Lavoro n. 41/2000 è stato chiarito che tale disposizione va estesa a tutti i soci di cooperative di lavoro e non solo a quelli delle cooperative di produzione e lavoro, in quanto iscritte nell’apposita sezione del registro prefettizio che accoglie appunto una specifica sezione per le cooperative sociali.
Tuttavia, le banche del credito cooperativo, ancorché perseguano finalità sociali, non hanno le caratteristiche tipiche delle cooperative sociali, così come intese dalla legge 381/1991.
Ciò significa pertanto, che l’esclusione operata dall’articolo 4 della norma sopra citata, non è di fatto estensibile alle banche di credito cooperativo.
REPECHAGE PIU’ AMPIO DOPO IL D.LGS 81/2015
Dopo le modifiche al nostro ordinamento introdotte dalla nuova formulazione dell’art. 2103 c.c. ad opera del D.lgs 81/2015, la procedura di repechage in presenza di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, diventa più delicata. La possibilità di reimpiegare il lavoratore non solo in mansioni equivalenti, ma anche in mansioni inferiori rispetto a quelle svolte, comporta per il datore di lavoro una valutazione più attenta e rigorosa, sull’effettiva esistenza di una posizione alternativa da attribuire al lavoratore interessato da una potenziale risoluzione di rapporto per GMO.
Pertanto, è opportuno che in queste situazioni il datore di lavoro
– provveda ad escludere l’esistenza di posizioni libere in azienda,
– verifichi con maggiore attenzione l’oggettività del licenziamento da operare,
– valuti l’intera organizzazione aziendale, per essere certo che nessuna delle mansioni assegnate a nuovi assunti in periodo concomitante o comunque ravvicinato al recesso per giustificato motivo oggettivo, possa invece essere assegnata al lavoratore con il quale si intende procedere alla risoluzione del rapporto.
Preme comunque evidenziare, che il mancato rispetto dell’obbligo di ricollocazione del lavoratore licenziato, non comporta in linea generale il suo reintegro in azienda, ma determina nei suoi confronti la sola tutela risarcitoria, anche se soggetto assunto a far data dal 7 marzo 2015, a cui è dunque applicabile il regime a tutele crescenti disciplinato dal D.lgs 23/2015.
RESPONSABILITA’ SOLIDALE NEGLI APPALTI: LA CORTE COSTITUZIONALE NE ESTENDE IL CAMPO DI APPLICAZIONE
Con Sentenza 254/2017 la Corte Costituzionale ha ampliato gli ambiti di responsabilità solidale da parte delle imprese che esternalizzano una parte o l’intero processo produttivo, appoggiandosi ad un’azienda esterna, ad esempio per la produzione di prodotti finiti o di semilavorati. La fattispecie viene di norma qualificata come subfornitura e non come attività in appalto in senso stretto. Tuttavia, la sentenza prevede che anche in queste ipotesi sia applicabile la stessa tutela prevista in caso di appalto. Ne deriva che il committente è obbligato in solido con l’appaltatore al pagamento del trattamento economico dei lavoratori impiegati nell’appalto, nonchè dei contributi di assistenza e previdenza e premi assicurativi correlati. La responsabilità solidale permane per il periodo di due anni dalla cessazione dell’appalto.
INDENNITA’ NASPI ANCHE PER CHI VA ALL’ESTERO
Con la circolare n. 177/2017 lINPS interviene in materia di percettore Naspi e suo trasferimento allestero in Paesi UE. Il problema ruota attorno alla compatibilità tra la normativa nazionale e la normativa comunitaria. La circolare citata chiarisce come per i primi 3 mesi di percezione della Naspi i Centri per l’Impiego non debbano convocare i lavoratori disoccupati, mentre a partire dal primo giorno del quarto mese questi potranno essere chiamati per l’attivazione delle politiche attive di cui al D.Lgs n. 150/2015.
TRASFERTISTI: LA POSIZIONE DELLA CASSAZIONE
Con sentenza n. 27093/2017 la Cassazione a Sezioni Unite ha previsto che le somme corrisposte a titolo di trasferta ai c.d trasfertisti, per essere assoggettate al regime fiscale (e previdenziale) disciplinato dall’articolo 51, comma 6 del Tuir devono avere queste caratteristiche. La tassazione operata sul 50% delle somme erogate a tale titolo può essere dunque operata quando le stesse, sono corrisposte a lavoratori che – hanno sottoscritto un contratto di assunzione che non individua una sede di lavoro, – svolgono l’attività lavorativa in luoghi sempre diversi, – ricevono come elemento costante del loro trattamento retributivo, una somma a titolo di indennità di trasferta, indipendentemente dal fatto che la trasferta sia stata di fatto eseguita; la somma pertanto viene corrisposta anche in periodi di assenza per malattia, ferie, ecc. In queste ipotesi, al verificarsi cioè di tutti e tre i requisiti sopra citati, la Corte prevede che la tassazione sia operata su metà dell’importo erogato, non applicando quindi le franchige previste dallo stesso articolo 51 per le trasferte non abituali.