IN GAZZETTA UFFICIALE IL DECRETO DIGNITA’’

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 161 del 13 luglio 2018, del decreto legge 12 luglio 2018, n. 87 è stata data attuazione al c.d. “Decreto dignità” che ha rivisitato in modo estremamente rigoroso l’intera disciplina in materia di contratti a tempo determinato.
Il decreto legge è già in vigore dal giorno successivo alla sua pubblicazione e quindi da sabato 14 luglio: coinvolge i nuovi contratti a termine che si stipulano da questa data in poi, ma anche eventuali proroghe o rinnovi di contratti a termine già stipulati in virtù della previgente disciplina.
La norma è davvero di grande impatto poiché, contrariamente a quanto di solito accade, non prevede una disciplina transitoria tra le vecchie e le nuove regole.
Il testo del nuovo decreto 87/2018 ha come oggetto ““Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”” e come si è già detto nella fase di valutazione delle bozze del provvedimento, le nuove norme sono mirate a porre importanti limitazioni alla disciplina previgente in materia di contratti a tempo determinato, tanto che il Capo I del provvedimento titola “Misure per il contrasto al precariato”.
Si è già detto che questo intervento, è certamente mirato a ridurre l’’utilizzo del ricorso al contratto a termine, posto che ora la durata di un contratto a tempo determinato “acausale” , quindi stipulato senza una specifica motivazione, è ridotto a soli 12 mesi, con una durata massima che non potrà mai comunque superare i 24 mesi, se non attraverso uno specifico accordo sottoscritto presso la DTL o DPL competente.
La stipula di un contratto che eccede i 12 mesi, ovvero una sua proroga o un suo rinnovo, è però soggetta ad uno di questi vincoli, che limitano in modo significativo il ricorso a questa tipologia contrattuale:

– presenza di esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro;

– esigenze sostitutive;

– esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

Le causali richieste per la stipula, la proroga o il rinnovo di un contratto a termine, devono dunque trovare una specifica identificazione in una delle situazioni sopra riportate. Ad eccezione della causale sostitutiva, che è chiara ed oggettiva, nelle ipotesi di incremento di attività extra-ordinaria ovvero ordinaria, l’’oggettività è più difficile da dimostrare, così come sarà difficile qualificare “significativo” ovvero “temporaneo” l’’incremento di attività ordinaria.
Queste stesse criticità erano già contenute nella vecchia legge 230/1962 a cui pare che il decreto legge 87/2018 si sia ispirato. Ciò significa però, che nei contratti individuali di lavoro stipulati a tempo determinato, che eccedono i 12 mesi, sarà necessario indicare con estrema attenzione la motivazione che ne ha legittimato l’’apposizione di un termine maggiore, motivazione che dovrà poi ovviamente trovare un puntuale riscontro nella realtà.
Un’’altra importante innovazione riguarda il numero delle proroghe ammesse: la previgente disciplina ne ammetteva un massimo di cinque, che ora sono state ridotte a quattro ed attenzione, all’atto di una proroga che fa scattare il superamento dei 12 mesi, è necessaria l’’individuazione della causa che rende genuino quel rapporto a termine.
Il mancato rispetto dei limiti di durata e proroga, rende il contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento dei limiti massimi ammessi (24 mesi o quattro proroghe), mentre l’’assenza della causale quando necessaria, rende il contratto a tempo indeterminato dalla stipula.
L’’impugnazione del contratto a termine è ora ammessa entro 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto di lavoro e non più 120 come previsto in precedenza.
Va altresì evidenziato che il rinnovo di un contratto a termine, oltre a comportare il contributo aggiuntivo già in vigore per un normale contratto di questa natura pari ad 1,40%, prevede ora un’’ulteriore contribuzione pari a 0,50%, elevando l’onere complessivo aggiuntivo all’1,90%.
Come si è già detto, preme ricordare che le nuove disposizioni trovano applicazione

– ai contratti di lavoro a tempo determinato di nuova sottoscrizione,

– ma anche nei casi di nuovo rinnovo di contratti a termine in essere alla data del 14 luglio 2018.

Infine, per quanto riguarda invece le indennità risarcitorie legate ad un licenziamento rivelatosi poi illegittimo, lo stesso decreto dignità, all’’articolo 3 comma 1, innalza l’entità minima da 4 a 6 mensilità e l’entità massima da 24 a 36, aggravandone dunque ulteriormente gli effetti negativi in capo al datore di lavoro.
Pare opportuno segnalare che la nuova disciplina non è applicabile ai contratti a termine stipulati dalle pubbliche amministrazioni, ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti.

Si rimane a disposizione del Cliente per eventuali ulteriori chiarimenti in materia.